Rivoluzione Antitrust: Il Dipartimento di Giustizia USA sfida Google imponendo la vendita di Chrome
Nel contesto del diritto antitrust, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti si appresta a compiere un passo che potrebbe segnare un precedente significativo nella gestione delle aziende tecnologiche: l’imposizione ad Alphabet Inc., la società madre di Google, di vendere il suo celebre browser Chrome. Questa mossa si profila come una delle più incisive restrizioni alle operazioni di una tech company degli ultimi decenni.
Il caso ha le sue radici nell’amministrazione Trump ed è proseguito sotto quella di Biden. È stato il giudice Amit Mehta a stabilire in agosto che Google aveva mantenuto il monopolio sui motori di ricerca e sulla pubblicità online in maniera illegale. Chrome gioca un ruolo cruciale in questo, controllando circa il 61% del mercato statunitense e contribuendo significativamente alle entrate pubblicitarie di Google attraverso una precisa raccolta di dati degli utenti, che vengono dirottati prevalentemente verso Gemini, l’AI di punta di Google.
Le proposte di restrizione che dovrebbero essere presentate comprendono la vendita di Chrome e la concessione in licenza delle infrastrutture di ricerca di Google. Altre misure includono maggiore autonomia ai siti web per gestire l’utilizzo delle proprie informazioni nei prodotti AI di Google, la separazione del sistema operativo Android dagli altri servizi dell’azienda, e un aumento del controllo per gli inserzionisti sulla pubblicità.
Controversie emergono anche dalle recenti funzionalità IA integrate da Google, che permettono ai siti di decidere la loro partecipazione ma con il rischio di una minore visibilità nei risultati di ricerca, complicando il raggiungimento di pubblico e la generazione di ricavi.
Un anello chiave della decisione sarà un’udienza prevista per aprile, che si protrarrà per due settimane, durante le quali verranno valutate queste misure. LeeAnne Mulholland, vicepresidente degli affari normativi di Google, critica l’approccio del Dipartimento sottolineando come possa impattare negativamente consumatori e sviluppatori, minando la posizione tecnologica degli USA.
Questo processo si colloca nel filone delle grandi azioni antitrust, che non si vedevano da tempo, dal caso Microsoft di vent’anni fa. Nonostante le basse probabilità di vendita, analisti suggeriscono che un possibile acquirente potrebbe essere OpenAI, che potrebbe integrare il browser con le proprie tecnologie di chatbot.
Le azioni di Alphabet Inc. hanno subito una battuta d’arresto dopo queste notizie, con un calo dell’1,8% nel dopo ore, nonostante una crescita del 25% dall’inizio dell’anno.
Il caso sarà uno spartiacque per il settore, potenzialmente ridefinendo come le grandi tech gestiscono il loro potere e interagiscono con l’industria più ampia della pubblicità e del software. Resta da vedere come le proposte di regolamentazione influenzeranno l’equilibrio tra innovazione e concorrenza, elementi chiave nell’era digitale.
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